venerdì 30 ottobre 2009

Cui Prodest?


Il primo a essere smignottato e' stato lui, Silvio Berlusconi. Le diciottenni, le escort. Le 10 domande di Repubblica. Poi e' stato il turno di Boffo, direttore dell'Avvenire. Le molestie alla moglie di un suo presunto partner. Lo scoop del Giornale di Feltri. Le dimissioni di Boffo. Poi e' arrivato il momento di Fini. Un vecchio dossier su presunte attivita' sessuali deviate. Le minacce del Giornale, sempre di Feltri. Le contro-minacce di Fini. Fini resta. Poi arriva il momento di Marrazzo. Il video con il trans che fa su e giu' per la penisola in cerca di acquirenti. Lo guardano tutti: Rizzoli, Libero, Mondadori, il primo ministro. La notizia scappa sui giornali. Dimissioni di Marrazzo.

Si parla di altri scandali in arrivo.

A chi giova, questo florilegio di scandali sessuali che si susseguono? Quando lo scandalo e' uno, supponiamo il primo, quello di Berlusconi, l'attenzione e' alta. Quando gli scandali diventano due, tre, quattro, l'attenzione e' massima. Quando gli scandali si moltiplicano e riempiono i giornali, subentra il disgusto, la rassegnazione, l'oblio. E' accaduto lo stesso con l'inchiesta Mani Pulite. All'inizio alta tensione, poi eccitazione, sfumata infine nell'indifferenza generale proprio quando l'inchiesta giungeva alle sue conclusioni e si sarebbe dovuto cercare una soluzione per fare in modo che Tangentopoli non si ripetesse mai piu'. Ma tant'e'. L'attenzione era ai minimi storici, sostituita dall'assuefazione. Non si fece niente. Col risultato che Tangentopoli e' viva e lotta in mezzo agli italiani.

Due postille. Il tg1 di Minzolinchio ha ritrovato il senso della notizia e quello che prima era "volgare gossip", relativamente a Berlusconi, oggi e' notizia di rilievo. Che sorpresa.

Via Gradoli, la via dei trans, e' una strada a uncino, trasversale alla Cassia, a poca distanza dal grande raccordo anulare. Estrema periferia, dietro quella schiera di casacce intorno all'uncino c'e' il nulla per chilometri. Piu' che discreto, posto dimenticato da Dio ma non dai
servizi segreti. Ora si dice che via Gradoli fosse frequentata da tutti i politici, calciatori e gente di spettacolo di Roma. E' la stessa via nella quale il 18 Marzo 1978 alcuni agenti della Polizia si presentarono, avendo ricevuto una soffiata sulla presenza in un appartamento, a due giorni dal sequestro di Aldo Moro, di un covo delle Brigate Rosse. Squillarono, nessuno apri'. Interrogarono i vicini. Quelli dissero che l'appartamento era sospetto. Gli agenti non pensarono di fare irruzione. Ripartirono e nel rapporto scrissero il contrario di quello che i vicini avevano detto: l'occupante dell'appartamento era un tipo tranquillo. Dietro quella porta si nascondeva Mario Moretti, poi condannato a sei ergastoli. Proprio un tipo tranquillo. Curiosa, la coincidenza.

venerdì 23 ottobre 2009

Coraggio di Stampa (2)


Non sara' una novita' che il Parlamento Europeo non decide nulla, ma l'episodio dello scorso mercoledi' e' particolarmente bizzarro. Si votavano a Strasburgo due risoluzioni presentate dai parlamentari italiani sul tema della liberta' di stampa in Italia. Quelli di destra volevano che si votasse lo slogan in Italia non c'e' nessun problema e il Parlamento ha respinto con uno scarto di 25 voti. Allora ci hanno provato quelli di sinistra a far approvare lo slogan in Italia c'e' un problema ma il Parlamento ha respinto con uno scarto di 3 voti. E' necessario un Parlamento con tripla sede e 751 culi in poltrona per rispondere non so alla domanda in Italia c'e' un problema? Bastava un semplice sondaggio di Rete4.

Votare slogan, a questo e' chiamato il Parlamento Europeo. Non scopriamo l'acqua calda: con questo voto il Parlamento diceva alla Commissione di dire al Consiglio di dire ai Governi nazionali di fare i bravini in materia di liberta' di stampa. Slogan. Fumo.

Non sarebbe stato questo voto a scalfire lo strapotere berlusconiano in Italia. Eppure la sua squadra di yes-men si e' organizzata ancora una volta per parare bene il culo al capo. L'eurodeputato
Pino Arlacchi, dell'Italia dei Valori, ha detto chiaramente che i colleghi di schieramento irlandesi Pat Gallagher e Liam Aylward, gli hanno confessato di essersi astenuti, violando la disciplina di gruppo, per pressioni ricevute.

E vogliamo scandalizzarci per questo? Il Parlamento Europeo e' un pullulare di lobby. In ogni caso e' interessante che qualcuno abbia preso l'iniziativa, anche se maldestramente portata a termine, ed e' interessante che le istituzioni europee siano ufficialmente informate che un problema esiste, non dai giornali ma dalle iniziative istituzionali. Certo, i meccanismi irritano, privi di risolutezza, zeppi di cautele e misteriose pressioni, ma la sostanza del messaggio e' arrivata al destinatario.

Quello che sorprende, in tutto questo, e' che i quotidiani irlandesi, il giorno dopo il fattaccio, non hanno riportato la notizia dell'astensione dei loro due connazionali europarlamentari, poverini, dichiaratisi vittime di pressioni. Ma l'Irlanda non era al primo posto nel mondo nella speciale classifica di Reporters Sans Frontieres per la liberta' di stampa?

martedì 20 ottobre 2009

Coraggio di Stampa


Niente sorprese nell'annuale classifica di Reporters Sans Frontières sulla liberta' di stampa nel mondo. In testa i fantastici quattro scandinavi: Svezia, Finlandia, Danimarca e Norvegia, che costituiscono ormai un continente a parte, dove le cose funzionano meglio che in ogni altro angolo del mondo. Alto senso del civismo, tempo di merda, poche possibilita' di cazzeggiare al sole e al caldo, pochi fuori corso all'universita', tanta voglia di lavorare, produrre, collaborare, migliorare, confrontarsi, competere, aggiornarsi, elaborare, ricercare, innovare, partecipare, solidarizzare.

In testa, con i fantastici quattro, la verde e cattolica Irlanda, poi Estonia, Paesi Bassi, Svizzera, Lituania, Belgio undicesimo. Curioso che la classifica sulla liberta' di stampa rispecchi il valore del progresso economico e sociale dei paesi. Irlanda, Estonia e Lituania, 20 anni fa erano l'una provincia dell'impero britannico dal quale assorbiva i brutali ma efficaci metodi tatcheriani, le altre province dell'impero sovietico dal quale si preparavano a smarcarsi per sfruttare finalmente il proprio potenziale commerciale. Oggi sono economie floride e innovative, fra le piu' fresche, giovani, flessibili e dinamiche al mondo: hanno subito la crisi ma rapidamente se ne stanno sbarazzando. Turismo e nuove tecnologie, sostanzialmente di questo hanno fatto una ragione di vita e incredibile fonte di ricchezza.

In Europa, dove c'e' ricchezza c'e' redistribuzione, si toglie ai ricchi per dare ai poveri, c'e' coesione sociale, pace nel popolo, poca criminalita'. E quando tutti stanno bene e non succede una mazza, grazie alla pizza che la stampa e' libera, libera di raccontare cio' che succede e cioe' niente. Vorrei ben vederli i cronisti norvegesi e irlandesi alle prese con le inchieste che Anna Politkovskaya condusse in Cecenia, confrontarsi quotidianamente con le camorre da condannati a morte, come Roberto Saviano.

Be' che altro dire, l'Italia e' al 49esimo posto su 175. Prima dell'Italia ci sono tutti i paesi piu' sviluppati del mondo: Stati Uniti, Canada, Giappone, ma anche Argentina, Ghana, Grecia. Grossi problemi in Italia, ci vuole ben piu' coraggio che nel resto del mondo a raccontarli e interpretarli sulla stampa. E il coraggio, direi, non scarseggia. Penso che se qualcuno facesse la classifica sul Coraggio di Stampa, l'Italia non se la caverebbe male e chissa' a che posto finirebbero i morbidi cronisti belgi, alle prese con gli stessi monotoni e bigi guai da sempre: la divisione linguistica fiamminghi-francofoni, la chiusura delle centrali nucleari, l'integrazione delle comunita' musulmane. Grossi grossi guai...

martedì 13 ottobre 2009

Vedrete di Che Pasta Sono Fatto


"È tutto reale, è tutto vero. Non c'è niente di inventato. Niente di quello che vedi nello show è finto, è semplicemente controllato". The Truman Show.

Un mio amico tedesco, buon lettore di quotidiani britannici, paragona Berlusconi a Putin e gli elettori italiani ai russi. Secondo lui le masse che votano e sostengono questi due boss allergici alla democrazia sono animate da una subcultura della sopraffazione, scarsamente documentata nei saggi di politologia ma ben presente sugli schermi televisivi, che si traduce squallidamente in voglia di un leader macho; che piaccia o no, i russi sono orgogliosi del loro Putin che tratta da pari a pari con i potenti del mondo, agita le risorse energetiche come minaccia e difende con sanguinose guerracce i confini della Grande Russia, incurante dei diritti umani; allo stesso modo, gli italiani sono orgogliosi del loro Berlusconi che ha vinto non so quante Coppe dei Campioni, puo' permettersi puttane di alto bordo e nel tempo libero siede al tavolo di un grigio G8 e lo rianima facendo il pagliaccio.

Diciamo la verita', alla stampa estera ha sempre fatto comodo sputtanare l'Italia, azzoppare l'immagine di un paese concorrente fa parte dello sporco gioco del capitalismo, e' successo decine di volte e l'Italia non manca mai di offrire un buon pretesto per farsi sputtanare, dalle Brigate Rosse alle stragi mafiose. Spesso si tratta di campagne poco informate, che puntano piu' al sensazionalismo che a capire veramente i fenomeni italiani.

Tuttavia una campagna internazionale come questa su Berlusconi, cosi' unanime e, soprattutto, cosi' robustamente documentata, non si era mai vista. Per una volta sembra che l'obiettivo di influenzare i mercati o le strategie politiche sia solo secondario. L'interesse principale sembra essere la contestazione di un regime che sta chiudendo un paese in un recinto di isolamento, non solo a livello culturale e di immagine, con un primo ministro che non si mostra ben disposto verso le regole democratiche e il rispetto dei diritti umani, ma anche da un punto di vista economico, con una pericolosa esclusione dai ricchi giochi dei mercati internazionali, a causa di debito pubblico sproporzionato, conti pubblici in disordine, ansie protezionistiche, scarsi investimenti in ricerca e sviluppo.

In forme moderne, anche l'Italia di oggi e' una dittatura. Non si tratta di una dittatura tradizionale e l'articolo sull'Observer di domenica scorsa di
Nick Cohen ne descrive i punti chiave: "il boss tollera le critiche finche' non raggiungono le masse; in un paese nel quale la tv rappresenta la sola fonte di informazione per oltre l'80% della popolazione, il controllo della tv e' perfettamente compatibile con il mantenimento di riserve indiane di opposizione sotto stretto controllo. E Fini", che agli italiani antiberlusconiani oggi da' l'illusione di essere una ragionevole e salutare alternativa come primo ministro, "non rinuncera' di sicuro a un sistema di controllo e censura in cui lo Stato boicotta i giornali scomodi orientando a piacimento gli investimenti pubblicitari".

"Il silenzio dell'Europa su Berlusconi", continua Cohen, "e' codardo e compromette la sua capacita' di fronteggiare la politica corrotta in altre parti dell'Unione. L'Europa e' nata per lavare le mani insanguinate di guerra di Italia e Germania e darle uno status politico di democrazia affidabile; ha integrato Spagna, Portogallo e Grecia quando hanno abbandonato le dittature; ha integrato la Germania dell'Est e tutti i paesi dell'ex blocco sovietico; non ha avuto bisogno di integrare la Gran Bretagna che non ha mai conosciuto dittature. Dinanzi a Berlusconi, per la prima volta nella storia, la reputazione dell'Europa come forza di integrazione democratica e' precaria. Presto sara' fraudolenta".

Non so se le previsioni di Cohen su Fini e sull'Unione Europea siano realistiche, ma la sua analisi del fenomeno Berlusconi e' corretta. In Italia si organizzano manifestazioni per la liberta' di stampa. Giornali liberi e trasmissioni libere esistono e sono anche di qualita' superiore rispetto a altri paesi europei. Saviano e' tradotto in tutte le lingue. Travaglio vince premi in tutta Europa. Un Santoro, una Gabanelli la BBC se li sogna. Quello che in Italia e' unico e' che il primo ministro lavora per danneggiare economicamente e portare alla chiusura questi esempi di libera stampa e soprattutto, ma nessuno ormai ci fa piu' caso, e' unico il fatto che il primo ministro si sottragga da sempre a confronti pubblici con veri interlocutori e contraddittori. E' questo il problema numero uno della liberta' di stampa in Italia: non esiste la possibilita' di mettere Berlusconi sotto pressione con gli atteggiamenti e le domande giuste, in pubblico, dinanzi al suo pubblico, lobotomizzato da Feltri e Vespa vari. Cosa sono un Di Pietro e un Santoro senza un Berlusconi davanti? Pallottole spuntate.

Berlusconi non cade perche' non c'e' nessuno pronto a raccoglierne l'eredita', perche' lui ha imposto col suo strapotere mediatico ritmi, agenda e linguaggio cosi' rozzi, triviali e ignoranti che nella politica non se ne trova un altro di bassezza simile, capace di fronteggiarlo sul suo terreno. E' un fenomeno unico e non e' un fenomeno politico. Se fosse un politico come altri, Bersani o Fini avrebbero la possibilita' di succedergli domani mattina. Se fosse un industriale come altri, Montezemolo o Della Valle potrebbero sostituirlo senza clamori anche stasera. Ma lui e' il caudillo, il rozzo urlatore che ormai nei comizi non nasconde piu' di voler passare a maniere spicce dittatoriali, con le buone o con le cattive, facendo approvare leggi speciali a guisa di Grande Riforma della costituzione.

Ora, contro i dittatori non hanno mai avuto successo i suonatori di violino. Al rumore di cento bombe puoi rispondere con gli archi? Ma questo passa il convento attualmente. L'opposizione e' nulla. L'unica speranza e', dunque, che sulla Grande Riforma vadano a scornarsi lui e la sua barcaccia di petulanti yes-men. Nessuna Grande Riforma e' andata in porto negli ultimi 60 anni. Chiunque si sia adoperato contro la Costituzione ha fallito. Da De Mita a D'Alema.

venerdì 9 ottobre 2009

Sono Perplesso


Questa settimana ha rifiutato di incontrare il Dalai Lama che passava per Washington. Non ha dato una svolta nei conflitti in Afghanistan e in Iraq, anzi esita a programmare il ritiro delle missioni USA da quei paesi. Chiudera' Guantanamo, ok, non c'e' bisogno di torturare i prigionieri pubblicamente e sfacciatamente. Governa da appena dieci mesi. Pero' gli hanno dato il Premio Nobel per la Pace. Non che prenda sul serio un premio che nel 1973 e' stato attribuito a Henry Kissinger, nel 2005 all'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, che con la pace cosa c'entreranno mai? Pero', quanta fretta porca miseria.

giovedì 8 ottobre 2009

Sventramenti e Art Nouveau


Due giorni in prima pagina e poi oblio. E' quello che accade ai morti figli di un dio minore, accade di continuo: le vittime dell'esplosione di un treno impazzito che trasportava gas a Viareggio; le vittime, tutti militari meridionali, di un attentato a Kabul: anzi, a loro e' andata di lusso: lutto nazionale, funerali di stato e, forse, dedica di strade, Via Martiri di Kabul; le vittime, tutti i giorni, di incidenti sul lavoro, nessuna dedica ma solo fredde statistiche per loro; le vittime, ora, del fango di Messina. Vittime del fango per modo di dire; vittime, piu' correttamente, della cementificazione furibonda e ignorante del territorio. Vittime di se stessi, in molti casi, perche' gli sbancamenti della collina per ricavarci una base e costruirci le palazzine li hanno voluti loro. Loro si ostinano a vivere in una citta' costruita su sei fiumare (non una, sei). Loro si ostinano a far approvare piani regolatori che prevedono un numero di abitanti doppio di quello reale, in modo da poter costruire per altri vent'anni case di periferia che attireranno innocenti e incoscienti famiglie monoreddito, in fuga dal centro caotico e costoso. I centri storici sono pieni di case vuote, i proprietari non riescono piu' ad affittare ne' a vendere, le richieste sono esorbitanti ma loro hanno tempo, disposti ad aspettare anche 10 anni il giusto acquirente, ma intanto il degrado sopravanza, la manutenzione scarseggia, la qualita' si abbassa.

Le citta' si sventrano, si sbancano dappertutto nel mondo. Bruxelles da 200 anni e' squassata e straziata da un vortice continuo di lavori pubblici. Per finanziarli non bastano le risorse della citta', nel senso di tasse pagate da cittadini e imprese: Bruxelles ha bisogno di 500 milioni di euro ogni anno, sborsati dal riluttante resto del Belgio.

Esempi di sventramento bruxellese. Quando la Senna attraversava Bruxelles, con il suo corso bizzarro, era fonte di molteplici drammi: le piene provocavano alluvioni disastrose; le secche provocavano epidemie catastrofiche, allorche' il letto del fiume si riempiva di liquami di ogni genere. Nel 1865 furono studiate diverse ipotesi e infine il sindaco Jules Anspach decise di svuotare completamente il corso d'acqua e rimpiazzarlo con un sistema di boulevard e di tunnel, che in seguito sarebbero stati utilizzati dalla linea ferroviaria. Esempio di sventramento necessario e lungimirante.

Ma gli esempi negativi sono numerosi: un simbolo e' la costruzione del Boulevard Saint-Lazare per collegare il quartiere Nord di Bruxelles al centro. Una striscia di asfalto a quattro corsie che spacca a meta' il Jardin Botanique, uno dei giardini nazionali piu' invidiati d'Europa, spostato poi alla periferia nord di Bruxelles, nella tranquilla Meise.
Citta' crudele, questa, intorno alla vallata che ospita l'Abbey de la Cambre, circondata da un giardino magnifico, si ergono colossali mostri di cemento e vetro; citta' spietata che nel 1965 ha abbattuto la splendida Maison du Peuple di Victor Horta, mirabile esempio di Art Nouveau, collocata fra il quartiere popolare Marolles e l'aristocratica piazza del Sablon, per fare spazio a un orrido condominio di 26 piani; citta' che non ha esitato a radere al suolo l'intero Quartier Nord, espropriando i suoi 11mila abitanti, per costruirci ultramoderne torri destinate a uffici e alberghi. Cupi mostri tirati a lucido accostati agli Hôtel de Maître in stile Art Nouveau piu' belli d'Europa.

Citta' contraddittoria. La citta' di Bruegel e di Magritte. La citta' scelta da Horta per i suoi esperimenti architettonici. La citta' che uccide l'arte in nome del progresso post-industriale. Ma questa furia omicida non e' affatto una vocazione storica. Nel 1889 diventa sindaco di Bruxelles Charles Buls, noto per le sue posizioni intransigenti sulla conservazione del patrimonio architettonico della citta'. Appena eletto blocca subito ogni progetto di ulteriore sventramento cittadino e anzi impone la ricostruzione di un edificio incautamente demolito sulla Grand Place, della quale promuove il restauro integrale; il suo saggio "L'Esthétique des villes" avrà poi uno straordinario successo in tutta Europa, in particolare in Italia, dove il problema di adeguare il tessuto storico e geologico delle fragili citta' ai mezzi di trasporto e di produzione moderni e' sempre stato cronico.